mercoledì 25 novembre 2009

Alle Termopili (script continuity o discontinuity?)


Ho passato la settimana a cercare di creare una sceneggiatura per la Script Continuity (per il famoso corso di laboratorio che sto seguendo e di cui ho parlato nel post precedente).
Il problema era partire dall’idea altrui costruendoci sopra qualcosa di più consistente. Le persone del mio gruppo, contro il mio parere, avevano pensato di fare un semplice video basato sull’utilizzo di parti del corpo. Mi spiego meglio, l’idea di partenza era nella prima parte far vedere il particolare di un volto femminile, poi con uno zoom indietro mostrare il viso interamente. La stessa cosa da farsi successivamente con la schiena di un uomo, le mani di una donna, i piedi di un uomo e dei genitali non ancora definiti per finire, poi, con sia lui che lei completamente nudi davanti alla telecamera. Per coronare il tutto avevano pensato che era intelligente utilizzare le registrazioni delle lezioni per il sonoro: evitava di dover scrivere una sceneggiatura (dato che nessuno voleva occuparsene).
Quello che ho contestato dell’idea è che risultava troppo statica: da un lato sembrava quelle famose ed orribili interviste del telegiornale in cui mostrano la foto della persona che parla in collegamento esterno, dall’altro continuava a balenarmi nella mente l’immagine di un laboratorio per la sezione dei cadaveri. Senza contare il problema dell’audio legato all’inconsistenza di una registrazione digitale di basso livello.
Così, per farmi piacere quest’idea, ho chiesto se qualcuno aveva in mente di collaborare ad una sceneggiatura: non ho ricevuto risposta, per cui sia per diletto e gioco che per necessità mentale e masochismo ne ho fatte un paio per conto mio.
Intanto ne posto una (quella che preferisco), l’altra è in attesa di essere “ricamata” meglio ma probabilmente nei prossimi giorni la aggiungerò nel blog.
I vari capitoli che dividono le scene della mia sceneggiatura sono una serie di documentari a tema creati dai miei colleghi di corso.

 
IPOTESI DI SCENEGGIATURA
Tutte le parti del corpo descritte sono “divise dal corpo”, come staccate dalle proprie estensioni. Il lavoro è ideato con l’intento di utilizzare la monocromia e, anche se non specificato, lo sfondo presente in ogni scena risulta nero.

 
SCENA 1 - INTRODUZIONE
Un volto, distaccato dal corpo che ruota su se stesso lentamente, (tramite l’ausilio di un pannello nero che si confonda con lo sfondo alle sue spalle), dal colore monocromatico rosa sfuma gradatamente, durante la scena, verso il rosso.
L’espressione del viso inizialmente rilassata, una volta compiuto il giro, ritorna alla posizione di partenza con uno sguardo stupito.
Nel frattempo sentiamo un audio meccanico, i rumori tipici che possiamo trovare da un fabbro in cui si producono suoni come quelli provocati dal ferro battuto.
Una voce off di un uomo con voce inizialmente frettolosa dice: “Si, è perfetta, proprio quello che desideravo. Il volto va benissimo ma siamo sicuri che possa funzionare?” le sue parole si fanno più lente e riflessive: “Come possiamo avere la certezza che nessuno si accorga della reale materia di cui è fatta questa donna?”
La voce di una donna incalza freddamente: “Secondo lei le persone hanno il tempo di cercare di comprendere chi hanno di fronte? L’unica cosa su cui dobbiamo puntare sono i dettagli: il colore degli occhi, la presenza di alcune rughe a sottolinearne l’umanità, delle unghie ben curate ma non perfette, questi sono elementi importanti, non di certo il suo modo d’esprimersi a parole”.
Un rumore secco in concomitanza con la chiusura delle luci segna lo stacco e l’introduzione del primo gruppo di cortometraggi.

ROLEPLAY - autoerotismo, omosessualità, sadomasochismo

SCENA 2
Lo schermo si presenta nero, si accende una luce posizionata centralmente e direttamente al di sopra dell’immagine che illumina una schiena. Questa gira su se stessa come il volto nella prima scena, dal colore rosso passa al monocromatico blu.
Due voci sincrone di un uomo e di una donna esordiscono: “Cerchiamo di nascondere la sostanza di cui siamo fatti dietro alle ideologie, ci aggrappiamo disperatamente a qualcosa in cui possiamo credere per poter sopravvivere, ci rendiamo aridi perché incapaci ormai di sognare. Ora, invece, guarda, osserva ciò di cui siamo stati capaci. La creazione di qualcosa d’altro da noi, eppure, così simile: siamo i suoi déi, siamo ciò in cui lui dovrà credere, ciò a cui abbiamo sempre aspirato ormai è compiuto. Ci siamo sostituiti a dio e questo per noi è più dolce di qualsiasi altra presa di coscienza”.

CONDIZIONAMENTI AMBIENTALI - chiesa, etnia, stupro

SCENA 3
Una dissolvenza in nero in entrata inizia a mostrarci una mano con dei fili che partono dall’estremità del polso fino a estendersi al di fuori dell’inquadratura. Un ticchettio continuo di orologio scandisce il tempo.
Un cubo di Rubik si trova accanto a questa che lo afferra. Dallo sfondo nero, alle spalle degli oggetti presentati, compare un’altra mano che, prendendo il cubo dal lato opposto della prima, inizia a districarlo seguendo il ticchettio di sottofondo. Il colore monocromatico in questa scena và dal blu al verde escludendo l’unico oggetto presentato con i suoi naturali colori che sarà, ovviamente, il cubo.
La voce off della stessa donna delle altre scene esordisce:“Non farci caso, non stanno mai ferme, hanno bisogno di testare le loro percezioni.”
L’uomo le chiede allora: “A cosa pensate sia dovuto?”
Risponde lei: “Non riusciamo a capire perché si sia sviluppata questa volontà, non sappiamo da dove l’abbiano dedotta: fili, chip, meccanismi informatici non ci hanno dato una risposta”.

APERCEZIONI: webcam, il sesso per i chiechi, nudità

SCENA 4
Il colore ora da verde diventa gradualmente giallo.
Un piede fermo, poggiato su un piedistallo (con gli stessi fili che partono dalla caviglia presentati nella scena delle mani) viene smaltato con un colore rosso scuro, con attenzione e lentezza, da una mano che indossa un guanto trasparente. Il rumore di un metronomo in crescendo e con ritmo sempre più incalzante scandisce la scena.
Una voce off di un’altra donna, concentrata e triste, dice: “Temo che il tempo possa logorarli, ci ho lavorato così tanto per poterli rendere perfetti e non penso lo siano tutt’ora. Più li osservo e li accarezzo più nella mia mente si fa concreta l’idea che possano rovinarsi: qualcuno potrebbe renderli irriconoscibili al proprio creatore. Se solo potessimo fermare il tempo allora, sì, potremmo considerarci invincibili”. Il piede inizia a prendere fuoco e la plastica di cui è fatto a sciogliersi. Il metronomo si ferma, la luce si spegne.

PASSO A DUE: scambismo, abitudine sessuale negli anziani, sessualità tra sconosciuti, confronto con "Comizi d'Amore" di Pasolini

SCENA CONCLUSIVA
La scena è filmata all’aperto, una piazza, mostra varie persone che chiacchierano e camminano. Visivamente ogni persona verrà resa con un colore monocromatico diverso mentre lo sfondo della piazza in scala di grigi.
Le voci off di un uomo ed una donna in sincrono, con sprezzo, concludono: “Guardali, sono come noi, identici. Persino i loro sguardi ci rispecchiano. Tante chiacchiere, progetti, creazioni per arrivare a confrontarci con vuoti elementi di plastica: non siamo più in grado di guardare noi stessi, abbiamo bisogno di concentrarci sull’alterità per sentirci apparentemente più completi e migliori”.

giovedì 19 novembre 2009

Progetto Comics di Script Continuity

Questo fumetto nasce da una mia idea di Script Continuity che il gruppo con cui collaboro (e che non mi sono scelta) ha giudicato inizialmente infattibile (così ho detto a tutti i miei amici dell'accademia di fumetto che sono dei semi dèi) e di conseguenza è stata accantonata.
Per gioco, però, l'ho portata avanti comunque inventandomi dal nulla questi personaggi che vi presenterò tra poco e la sceneggiatura che li accompagna.

Ovviamente il progetto è costruito per essere frammentato: ogni quattro scene dovrebbero essere introdotti dei cortometraggi di documentari, dove la sessualità teoricamente sarebbe la tematica centrale, creati dai miei colleghi di corso.

La Script Continuity, infatti, per chi non lo sapesse è proprio questo: cercare un collante, costruire un'impalcatura che tenga unito tutto il lavoro; in questo caso trovare un'idea che sia in grado di unire assieme cortometraggi il più disparati possibili facendo sì che l'intero filmato non ricada su se stesso implodendo.

Chiedo scusa se le immagini sono un tantino storte 



SCENA 1:


Il protagonista del fumetto, stilizzato in bianco e nero, arriva con passo tranquillo guardandosi perplesso il mantello che ha indosso e chiedendo alla moglie: “Non ti sembra che mi stia un tantino largo? Me l’hanno regalato i ragazzi del Dams”
La moglie con fare scioccato si protrae verso di lui portandosi una mano alla bocca e     rispondendo: “Vuoi andare in giro con quella mantella addosso? Ma sei serio? Vuoi farti vedere in giro vestito”?

Lui tristemente risponde: “Mi hanno detto che ormai l’amore ed il sesso non sono più dei     giochi e che dobbiamo capire quanto serio, io, debba essere… Così mi hanno detto: Bando     al pudore!”

“E ti hanno detto di vestirti?” risponde lei titubante.

Imperturbabile e convinto la rintuzza: “Certo: se non mi vesto, come faccio poi a     svestirmi?”

“…mmm…” sempre più incerta, lei, si gratta la testa.

Di sorpresa si accende la televisione posta sul tavolino di fronte alla coppia producendo i tipici suoni da disturbi di frequenza e dando l’idea che stia partendo un filmato. 

Tra il contrariato e lo stupido lui esclama: “Ecco, vedi? Parli del diavolo e spuntano i     damsiani!” Lei spaventata si nasconde dietro al mantello del marito dicendo: “Ho paura, di quello che     potrebbero fare, nascondimi”.

La televisione si fa via via più grande prendendo l’intero schermo e parte il cortometraggio in entrata.




OPZIONI VIDEO:


Tutti i cortometraggi saranno inseriti all’interno di una cornice fumettistica (una finta televisione) sempre presente come se i vari documentari fossero dei quadri.
All’interno di questa cornice bianca, durante i corti, ci camminerà un animaletto come per esempio una pecorella stilizzata che si metterà a mangiare dei fiori che compariranno in giro oppure saltellerà, camminerà, etc. 


SCENA 2:



Una vocina triste di donna si sente in entrata mentre lo schermo si rimpicciolisce riportandoci alla scena fumettistica: “Mi aspettavo qualcosa di più fatiscente”.

Tra il voglioso ed il giocoso il marito le risponde: “Vuoi che mi rimetto nudo?”.

La scena si dissolve mostrando la donnina che legge un libro più grande di lei intitolato: “How to be a good wife in 50 steps” dal quale spuntano una parte del naso e gli occhi increduli. Al di sopra di lei si forma una nuvoletta sulla quale c’è la sua figura crocifissa.

La scena torna alla normalità. La coppia è di nuovo davanti allo schermo: la moglie seduta a terra legge. Al marito spuntano dei denti da vampiro mentre propone: “Pensandoci bene, mi è venuta un’idea: ti andrebbe di bendarmi?” 

La donna distratta risponde: “…mmm… va bene, se proprio insisti”. 
Chiude il libro, estrae un foulard dalla tasca, benda il marito ed esce di scena lasciandolo solo. “C'è nessuno? … Lo sapevo, mi ha fregato di nuovo!” esclama contrariato l'omino. 
Si sposta arrancando in avanti e finisce addosso al televisore che cadendo, si accende. Parte il secondo gruppo dei corti.



SCENA 3:

La donnina torna in scena con aria ebete. 
Lui le chiede: “”Ma dov'eri finita?”.
Lei gli risponde mentre un aureola inizia a comparire sulla sua testa: “Sono andata a confessarmi per te”.
Lui talmente scioccato da far saltare il cappello in aria da solo esclama: “Ma cosa ti hanno fatto?”. 

L'aureola sulla testa di lei inizia a trasformarsi in una torta di compleanno: “Ho incontrato per strada il signor Osho e mi sono unita alla sua community”.

L'omino un po' confuso chiede alla moglie: “Ma tu non eri cristiana?”. Mentre l'aureola/torta si trasforma in un palloncino che si sta sgonfiando lei gli fa notare con vocina stridula: “Beh, tu non eri ebreo a tua detta, tempo fa? Mica ce l'hai circonciso!”

Il marito scioccato si immagina la lama di una gogna scendere, alla cui estremità superiore è applicato un televisore da cui inizia a partire il terzo gruppo di cortometraggi




SCENA 4:



“Sono un tantino confusa... ma il tema non doveva essere la sessualità?” Esordisce la donnina mentre uccellini e stelline le fluttuano al di sopra della testa.

Il marito fingendo preoccupazione le consiglia: “Forse è meglio se vai a riposarti un po', ti aspetto qui”.

La donnina esce di scena, lui aspetta un pochino rigirandosi i pollici e guardandosi i piedi poi quatto quatto va verso una porta, si china tentando di guardare dal buco della serratura, che si ingrandisce a dismisura, e dal quale si possono vedere delle gambe femminili in primo piano.
L'immagine precedente scompare mostrando la donnina al frigorifero mentre sceglie che cosa mangiare: “Cosa posso prendermi? Ho proprio fame... Chissà se mio marito ha conosciuto Ezio...” 

L'omino soddisfatto decide di entrare nella stanza.

Trova un uomo seduto su una sedia che si aggiusta le calze e si nasconde sconvolto. Il cappello gli scivola a terra e dice con voce preoccupata: “Dov'è mia moglie? Dove l'hai nascosta? Cosa ne hai fatto?”

Da un video applicato sulla porta partono gli ultimi cortometraggi.

domenica 15 novembre 2009

Sex, Lies and Videotapes





Lo so, sono completamente assorbita dal corso di laboratorio audiovisivo dell’università per cui in questo periodo finisco sempre per parlare di quello.

Sta volta ho voglia di analizzare le tematiche desunte da queste lezioni. Mi spiego meglio: l’idea è di creare più cortometraggi (documentari-inchiesta) dedicati allo stesso tema, scelto dal professore, e cioè la sessualità, per poi unirli tutti assieme creando un solo film di circa un’ora con un’idea collante (un vero e proprio inferno considerando che ho scelto di occuparmi proprio di quest’ultima e sono affiancata da altre sette persone con cui non ho mai avuto modo di lavorare).

Torniamo, però, a noi. I temi prescelti sono dei più disparati: sadomasochismo, sesso virtuale in webcam, autoerotismo, concezione della nudità, la parabola discendente del desiderio negli anziani (ma perché dobbiamo per forza pensare che le persone di una certa età diventino asessuate?), diversa concezione sessuale tra musulmani ed ebrei (lascio desumere a voi a chi è venuto in mente questo tema), concezione della chiesa cristiana del sesso, omosessualità, scambisti, il sesso dal punto di vista di un cieco (perché pensano sia interessante metterlo a confronto con la nostra visione dell’immagine, la cosa più degradante è che vogliono fare l’intervista in un sexy-shop).

Detto questo, che cosa manca?

Ho la sensazione che per far scalpore ci si dimentichi delle cose belle del sesso, delle cose semplici che lo costituiscono e che oramai i miei “colleghi” percepiscono come banali: abbiamo dimenticato che l’atto in sé porta ad una conseguenza importante, la nostra nascita.

Non abbiamo compreso la differenza tra sessualità ed erotismo mescolandoli assieme e senza comprendere come il primo sia legato ad un’azione, un’istintività animale, ed il secondo ad un piacere puramente umano e razionale legato ad un gioco sensuale.

È come se il bombardamento mediatico che oggi subiamo più che disincantarci e renderci indifferenti ci abbia fatto diventare dei voyeur, amanti dei segreti nascosti dietro una serratura, e dimentichi della bellezza di un atto semplice ed istintivo: non riusciamo più a viverlo come qualcosa di naturale ma lo schematizziamo in sovrastrutture fittizie perché siamo ormai incapaci di vivere realmente la conoscenza propria e dell’altro.

Mi raccomando, però, l’ordine è “guardare, mostrarlo, cercare di farne parlare gli altri ma non dire che noi stessi siamo quei voyeur”.

mercoledì 11 novembre 2009

"Il reale mi dà l'asma"




Viviamo in una società di arrivisti incapaci di collaborare seriamente ad un progetto. Esistono solo tre categorie di persone, escludendo le eccezioni e chi è un po’ allucinatamente deviato verso la metafisica, e cioè: chi si crede di poter comandare, chi preferisce fingere di sottostare ma in realtà delega e chi si lascia trascinare dagli eventi incurante del fatto che domani avrà disimparato a sopravvivere.

Sto facendo una bellissima esperienza con i gruppi in laboratorio: chi vuole fare, perché interessato al progetto o semplicemente perché l’ha preso seriamente, soccombe sotto i colpi di chi se ne frega altamente perché lo giudica qualcosa di inutile e solo importante ai fini di un voto. 

Se ci comportiamo così al lavoro cosa succede? Nasce la società italiana, ovviamente fatta di gente stressata da un lato perché crede di avere tutto sulle sue spalle e dall’altro perché cerca di ingegnarsi per fare il meno possibile e delegare.

La parola magica dell’Italia è proprio Delegare.

Laviamocene le mani prima di cadere in un progetto giudicato da noi inutile, impossibile, intrattabile, perché i sogni, il sapere aiutare chi ci sta attorno al di là del suo essere o meno malato, l’impegnarsi a fondo per qualcosa che non sia per il nostro esclusivo consumo è qualcosa di aberrante, è una perdita del nostro preziosissimo tempo che sta per scadere sotto i colpi d’ascia scagliati dalle lancette dell’orologio.

Come pretendere quindi di costituire una società fatta di persone che collaborano o comunque sanno vivere in modo costruttivo assieme se per primi siamo noi a giudicarlo impossibile?