Come avevo anticipato nel post precedente (dove si trova anche la spiegazione della nascita e del fine di questo progetto) allego la seconda ipotesi di sceneggiatura che ho scritto.
In questo caso, ho scelto di forzare un po' di più l'idea di base (fornita dalle persone che si trovano nel mio gruppo) tentando un approccio di decostruzione basato sul materiale presente all'interno dei cortometraggi che dobbiamo collegare tramite la Script Continuity.
IPOTESI DI SCENEGGIATURA 2
SCENA 1 - INTRODUZIONE
“Mi stai chiedendo cosa sia per me la sessualità?” la voce off di una donna domanda, mentre lo schermo nero inizia ad illuminarsi scoprendo a poco a poco il volto, in primo piano, della persona che sta parlando. Inizialmente guarda in alto alla sua destra, pensierosa, poi in macchina: “Non saprei risponderti, sinceramente. È qualcosa di naturale, semplice, immediato, probabilmente quello che chiamiamo istinto è ciò che più si avvicina ad una definizione del termine” (sorride impacciata).
“La telecamera ti dà fastidio?” chiede la voce di un uomo che, però, non possiamo vedere.
“Non proprio, solo, mi sento osservata … forse perché immagino … ciò che gli altri potrebbero pensare di questa intervista quando avranno modo di vederla”.
La donna abbassa gli occhi mentre l’uomo la rassicura: “Capisco. L’unico consiglio che posso darti è: chiudi gli occhi e lasciati andare, perché tutto ciò che diranno o penseranno riguardo alle tue parole sarà semplicemente dettato da pregiudizi e clichè”. La donna alza gli occhi nuovamente verso la telecamera, fissando, questa volta, un punto al di là di essa con aria interrogativa. L’uomo continua: “Anche tutte queste interviste, che si susseguiranno in alternanza alle nostre conversazioni, vedrai, saranno falsate”, e prosegue con tono ironico: “Non penserai davvero che una persona qualunque intercettata ed intervistata per strada possa dire la verità dopo pochi secondi?”. La donna sorride nuovamente con aria di complicità, le luci si abbassano.
ROLEPLAY: pudore, omosessualità, sadomasochismo
SCENA 2
“Avevo una famiglia terribilmente religiosa, non la sopportavo. Forse è questo che mi ha spinta a cercare di cancellare i miei alibi: avevo bisogno di credere quanto poco fosse razionale il sesso”.
“Spogliati” le chiede l’uomo. La donna sorride, si alza e si gira di spalle. Sfila la maglietta mostrando la propria schiena nuda, unica parte, ora, ripresa dalla telecamera.
“Hai mai pensato,” continua la donna immersa nei suoi pensieri “che ci plasmiamo da soli ancorandoci su delle impalcature che alla fine ci distaccano dalla nostra identità? Mi spiego meglio, guarda questi documentari, per esempio, cosa ci lasciano? Cosa ci trasmettono? Il tentativo vano di interpretare razionalmente un’azione di per sé pura e semplice, forse? L’uomo tende ad essere talmente calcolatore da sterilizzare persino il puro istinto della sessualità, ci autoannulliamo così”.
Lui la incalza: “Non è un caso che Freud abbia scritto un saggio chiamato Totem e Tabù. Non è nemmeno un caso dover confrontarci anche ora con questa tematica: spesso i blocchi psicologici inoculati dalla nostra società creano dei mostri senz‘anima”.
CONDIZIONAMENTI AMBIENTALI: chiesa, etnia, stupro
SCENA 3
“Mi stavo chiedendo, e questa domanda vuole ricollegarsi ai prossimi cortometraggi, come ti sentiresti se io decidessi di privarti di uno dei tuoi sensi?” chiede l’uomo.
La donna, ancora di schiena si infila nuovamente la maglietta e si gira sorridente, appoggia due dita sulle labbra, le abbassa. La telecamera si sofferma sulle sue mani. Lei risponde: “Quante volte abbiamo, tutti, chiuso gli occhi facendo autoerotismo, privandoci della vista, per immaginare qualcosa di sessuale? Fare l’amore al buio o, per gioco, bendati non è la stessa cosa? Anche la mancanza del tatto, non è molto diversa: questa privazione estemporanea incarna un giochino erotico senza direzione”.
“Come tu stessa hai detto prima, rendiamo razionale anche ciò che non dovrebbe esserlo”, conclude l’uomo mentre le luci si spengono ed in dissolvenza parte il prossimo gruppo di corti.
APERCEZIONI: webcam, il sesso per i ciechi, nudità
SCENA 4
“Mi chiedo perché mai il sesso sia visto in questo modo” esordisce la donna. “Quale modo?” chiede l’uomo. La donna guarda in basso i propri piedi scalzi e la telecamera segue il suo sguardo soffermandosi proprio su di essi.
“Tutti questi cortometraggi, tutto questo cercare di essere qualcosa che non siamo. È come se fosse stata fraintesa la differenza che intercorre tra sesso ed erotismo: qui tutti si riferiscono al secondo e mai del primo. Nessuno dice qualcosa come: è proprio bello rendere felice l’altra persona, farla sentire a suo agio, provare piacere nel farlo. Tutti esclamano: il sesso lo conosciamo, è banale per noi, quindi crediamo sia meglio, e più interessante nonché alla moda, cercare la diversità”; la donna, ora, prende dello smalto ed inizia a colorare le unghie dei piedi, continuando distrattamente: “Non si rendono conto, però, così di creare proprio loro questa diversità: non vedo cosa ci sia di strano nel vivere una sessualità non mediata da modelli fittizi”.
PASSO A DUE: cambismo, abitudine sessuale negli anziani, sessualità tra sconosciuti, confronto con "Comizi d'Amore" di Pasolini
SCENA 5
“Non siamo mai nati” esordisce la donna. L’uomo, ora, spunta da dietro la telecamera, si avvicina a lei, le poggia una mano sulla spalla, guarda verso la telecamera, poi si rivolge nuovamente verso l’altra persona “Cosa intendi con questo?”.
“Abbiamo parlato di tutto tranne di come siamo nati, è un argomento che idealmente lego più all’amore tra due persone che al sesso ma ci sono tanti altri tipi di variazioni e ramificazioni che partono da questo soggetto, le abbiamo dimenticate”.
“Se ci pensi bene, alla fin fine non abbiamo nemmeno parlato di te come avremmo dovuto fare inizialmente” dice l’uomo sorridendo ed accarezzando la testa della donna.
“È vero, ci siamo persi a criticare quello che dicevano gli altri, prendendoli un po’ troppo seriamente e cercando di creare un ordine, ma che ordine ci può essere in lavori tanto eterogenei?” chiede la donna abbassando gli occhi sconfitta.
“L’ordine è un po’ come il voler rendere il sesso qualcosa di razionale. Mi piace di più questo tipo di caos organizzato: accozzaglie di frammenti che lo stesso spettatore deve ricostruire soggettivamente a rischio di smarrire il significato iniziale che lo stesso regista voleva proporre. Un’opera data in pasto al pubblico non dev’essere per forza finalizzata e classificabile in un dogma”.