sabato 26 settembre 2009

Bella di giorno? No, mediocri melisse P.





È davvero sconvolgente scoprire che esiste la prostituzione nelle nostre scuole e che tutti cadono dalle nuvole nel sentirlo o leggerlo nelle notizie del giorno.
Praticamente da sempre le ragazzine si fanno pagare per dei favori sessuali la differenza tra oggi e ieri è che ora non si nascondono più perché fa chic.


Per tutti quelli che sono preoccupati per questo fenomeno, a detta dei giornali, in crescita voglio rassicurarvi dicendovi che iniziano già dalle medie a dare il contentino ai compagni di scuola per comprarsi delle cosine in più e che (udite udite) non si vergognano perché è una cosa del tutto normale, basta che mamma e papà non lo sappiano e se, per caso, lo scoprissero o chiudono un occhio o si auto convincono che non è possibile che il loro angioletto si prostituisca per un cellulare nuovo o per una cannetta (non voglio esagerare: potrei provocare delle convulsioni a chi ha le bistecche sugli occhi).


La cosa più sorprendente è che la colpa la fanno cadere sui costumi americani quando, in realtà, ciò che i ragazzini fanno è indipendente da ciò che succede oltreoceano.
Al giorno d’oggi nella nostra società, a casa nostra, in Italia (tutto creato da noi, il “berlusconismo” è una nostra invenzione, non americana: abbiate il coraggio di vantarvi delle vostre scelte) il problema del sesso è all’ordine del giorno: è ancora un tabù, in famiglia è difficile parlarne perché per i genitori è un argomento del quale vergognarsi, a scuola l’educazione sessuale è una presa in giro perché come a casa anche qui gli adulti hanno una certa ritrosia nel avere uno scambio di opinioni equo con i ragazzi; altro fattore piuttosto brutto è che molti maschietti non vogliono assolutamente avere a che fare con una ragazza vergine perché giudicata troppo impegnativa, di tutta risposta le femminucce non danno più importanza alla persona con cui vanno a letto (basta andarci e togliersi il pensiero), se poi le paghiamo pure si sentono logicamente furbe perché hanno avuto un tornaconto monetario. Senza contare come la società sia attualmente impostata sulla competizione, che sia sessuale o meno ha poca importanza: le ragazze si mettono a fare a gara con le proprie coetanee per vedere chi è più brava a dare/ricevere cosa, se poi si divertono ancora meglio (e, su, ammettiamolo che per loro come per noi è qualcosa di piacevole). 

Li conoscono i rischi, ne sono coscienti ma credono di essere e vogliono fingersi più grandi della loro età come la maggior parte di bambini/adolescenti.


Ora, concentriamoci sul “fattore denaro”: viviamo in un era consumistica dove, per esempio, i nostri genitori fanno debiti per comprarsi un’auto di lusso oppure gli stessi insegnano ai figli che bisogna andare a studiare in un’università di stampo scientifico perché è l’unica possibilità di avere tanti tanti soldi che nella loro equazione suona così:

Università scientifica = Lavoro assicurato + Tanti soldini => Vivere senza pensieri + Lavorare poco = Vita Ideale

Chissà perché gli iscritti nelle università di stampo umanistico sono in sensibile calo, mi domando. Chissà perché i ragazzi danno così tanta importanza ai soldi da pensare che la prostituzione (da loro chiamata “amicizia” pagante) sia una delle soluzioni più facili, veloci e furbe in commercio attualmente.


Non venitemi a dire che hanno imparato tutto a scuola oppure è solo colpa dell’educazione in famiglia o solo della società esterna: facciamo parte tutti della stessa catena che si ripete all’infinito da genitore a figlio, senza contare che anche noi adulti lo facciamo.


Lolita (non la ninfetta di Nabokov) esisteva un tempo e continua ad esistere, non è una novità: non fingiamo che lo sia.



giovedì 24 settembre 2009

“Fahrenheit 451” di Ray Bradbury


English Version: http://anakuklosis-eng.blogspot.com/2010/12/fahrenheit-451-by-ray-bradbury.html

Science Fiction, romanzo di fantascienza: ho avuto una discussione con un professore perché non condividevamo la stessa idea di definizione per questo meraviglioso mondo. Lui lo vedeva come indissolubilmente legato ai robot, alla Asimov per chi lo conosce, mentre io lo concepisco come la creazione di un mondo alternativo al nostro che non obbligatoriamente deve rispondere a tecnologie avanzate, il da me compianto Ballard per esempio.

La discussione si basava in specifico su un libro che mi è piaciuto particolarmente “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury.

Tempo fa avevo tentato di parlare anche con una ragazza che conosco riguardo a questo libro ma la risposta alla mia domanda (come aveva lo aveva trovato, come le sembrava) è stata deludente: “Preferisco il film di Truffaut”.

Il fatto è che non mi interessava sapere se le era piaciuto o meno ma cosa ne pensava: come l’aveva trovato in specifico, cosa poteva averla colpita, se le aveva creato qualche meccanismo intrinseco di analogie orbitanti nella sua ontologia mentale.

Il problema è che, attualmente,  tutti tendono a prediligere risposte prive di contenuto ed evasive: se solo qualcuno tentasse di fare un passettino in più della normale tendenza alla superficialità cercando di arrancare ad un grado più alto verso la comprensione, in questo caso di un testo, le persone si bloccano e le orecchie iniziano a fumare.
Ragionare non è alla moda, uniformarsi è l’ordine.

Lo stesso libro che ho menzionato poco fa si basa più o meno su questo concetto estendendolo ad un volere più alto rappresentato da uno Stato totalitario che tenta di soffocare la nascita di qualsiasi forma di pensiero autonomo, perché giudicato troppo pericoloso ed ingestibile. Per questa forma di politica il nemico è rappresentato dai Libri (la mia linfa vitale), unici mezzi che danno la possibilità al fruitore di interagire in modo tale da ragionare e comprendere ciò che sta leggendo e (anche, perché no?) “immaginare”.

In questo mondo fantascientifico il lavoro dei pompieri non è più quello di spegnere incendi, ma di appiccarli bruciando i libri.

Ciò che mi ha colpita di primo acchito iniziando a leggere “Fahrenheit” è stato lo stile di scrittura da me battezzato “cinematografico”: un modo asciutto e chiaro di scrivere con un largo utilizzo di aggettivi in grado di evocare delle immagini dando la sensazione di vedere un susseguirsi di sequenze filmiche e non di parole lette. Questa caratteristica si nota anche nel racconto, si legge molto facilmente, in maniera fluida, nascondendo nel sottobosco del non detto un mondo a parte: la bellezza di una ragazzina che attrae un vigile del fuoco per le cose strane che dice, lette in libri che lo zio le ha raccontato, la sua scomparsa e ciò che questa provoca nell’animo dell’uomo portandolo a comprendere come abbia bisogno di leggere e, quindi, di poter pensare autonomamente; i problemi di una coppia in cui la moglie vive per la sola televisione, simbolo dell’ozio, e non riesce a comprendere il proprio marito ed il suo bisogno di evadere da quella prigione creata appositamente per rendere gli uomini delle pedine consenzienti perché a lei piace, perché non pensare equivale ad essere felici, cioè ad evitare ogni sorta di sentimento autonomo; la paura e la ritrosia di chi legge di nascosto ma non ha il coraggio di ribellarsi contro lo stato attuale delle cose rimanendo in disparte; e chi aspetta il momento giusto per tornare da un esilio forzato per poter insegnare di nuovo a vivere una vita reale fatta anche di pensiero perché uno stato totalitario non potrà durare in eterno.

sabato 19 settembre 2009

Il trionfo della borghesia

    English Version: http://anakuklosis-eng.blogspot.com/2010/12/moral-decorum-pathological-sublimation.html


L’automobile: il nostro status simbol. Cosa faremmo senza di lei? Come potremmo sopravvivere in mancanza di questo mezzo di trasporto così vitale? Quanto ci mancherebbero la sua vicinanza, la sua comprensione, il suo rumore sconsolato, il tentare di spaccarci le corna sfrecciando nel bel mezzo di un paese mentre una vecchina attraversa la strada e un bambino si butta animatamente su una palla che insegue la vecchietta? Sicuramente la prima sensazione sarebbe panico, seguita da sudori freddi, vampate, solitudine e depressione.

Di certo non accompagneremmo più nostro figlio a scuola perché troppo distante: 300metri dopotutto sono un’infinità, durante questo terribile e sferrato percorso potremmo anche inciamparci o prenderci una tegola in testa. Fare la spesa in una condizione del genere non se ne parlerebbe: meglio vivere di pane ed acqua (per fortuna il fornaio è sotto casa) oppure, piuttosto, decidere di convertirsi all’uso di internet e della carta di credito sebbene siate da sempre contrari a questi mezzi inconsulti.

Andare in palestra e al solarium, o in piscina, assolutamente no, o si, o no, o si… e qui, nasce un’illuminazione, perché la necessità di buttare giù chili per essere più aitanti e quindi, dal vostro punto di vista, accettati maggiormente nella società e da voi stessi vi porta a scoprire che esistono anche altri mezzi di trasporto oltre all’auto: l’autobus, la metro, lo scooter, l’ostica bicicletta e, qualcosa che non avreste mai immaginato poter contemplare, le vostre gambe.
Piano piano, obbligati da tutto questo, vi accorgete che non è poi così male: vi sentite anche più leggeri, più in forma dopo un giretto in bici o una passeggiatina. Scompare lo stress da traffico: quei clacson, quella fretta di levarsi di mezzo, quella ricerca infinita di un parcheggio, svaniscono lasciando posto ad una sensazione eterea di pace (provocata, probabilmente, anche dall’assunzione di Prozac, dovuto alla depressione iniziale causata dalla mancanza dell’auto, di cui nel frattempo vi siete assuefatti).

Vi sentirete come Heidi circondata dalle caprette e saltellerete lungo Via Indipendenza a Bologna gioendo di questa libertà appena conosciuta e ritrovandovi lo stesso traffico automobilistico sul marciapiede: pedoni infernali che camminano come se fossero in processione, gente che guarda da tutte le parti e che esce dai negozi urtandovi e voi vorrete solo scappare ma sarà impossibile: non ci saranno vie di fuga se non rintanarvi in qualche negozio o nel vostro appartamento che oramai sarà troppo lontano. Tenterete invano di saltare su un autobus troppo pieno (o la gente troppo sulla porta) per riuscire ad entrarci (viva le sardine), vi guarderete attorno spaesati e penserete alla vostra bella auto: lì almeno eravate seduti ad imprecare ma nessun passante vi calpestava i piedi o vi urlava nelle orecchie.

Vi sentirete morire a causa di un leggero attacco di panico, inizierete a correre disperati verso l'unico punto in cui, vi sembra, passi dell'ossigeno, vi accascerete a terra senza forze completamente sommersi dal traffico cittadino e, mentre tenterete di respirare quel solo boccone d'aria, la gente attirata dal vostro malessere si accalcherà attorno a voi per poter vedere, capire, impicciarsi... privi di respiro vi risveglierete nel vostro letto, fradici, maledicendo la sera prima in cui avete avuto la fantastica idea di prendervi un acido per rilassarvi.

Come cambiare Hard Disk ad un portatile


Ieri ho ricominciato a scrivere sul blog in seguito ad una piccola assenza dovuta all’addio che l’Hard Disk (HD) del mio computer portatile (marca DELL, Inspiron 1720) mi ha dato.

È stato un duro colpo per me, soprattutto perché era il weekend e ho perso tutti i dati relativi a dei giochi di ruolo che utilizzo on-line quali World of Warcraft e Aion (in particolare le maledettissime patch di World of Warcraft che non ho ancora finito di aggiornare perché sono infinitamente lunghe causa anche la mia “connessione tartaruga“).

Detto questo appena ho potuto sono corsa a comprare un nuovo HD, ho avuto qualche problemino per inserire l’OS (Sistema Operativo, ovvero Windows Vista) ma alla fine ho capito, con un piccolo aiutino (grazie Gabri). 

Così ho pensato bene di scrivere questo post spiegando come fare a cambiare da soli un HD senza ricorrere all’assistenza.

Premetto che l’HD non muore di punto in bianco togliendoci la possibilità di accendere il computer (questo è solo l’ultimo stadio della malattia) prima inizia per un lungo periodo ad avvisarci con dei messaggi di errore del sistema, dei riavvii inaspettati, delle schermate blu il cui errore segnalato risulta essere “ntfs.sys“ (cioè, appartenente proprio all‘HD), dei blocchi di windows e così via finché un giorno non lo riaccenderete più. 

Inoltre, sarete felici di sapere che, comunque, i dati dell’HD deceduto possono essere recuperati in un secondo momento (a meno ché il vostro computer non sia saltato in aria in mille pezzettini).

Prima di cambiare HD è importante scoprire se è SATA oppure ATA: non è difficile, cacciavite alla mano smontate la cassettina sotto il vostro pc all’interno del quale si trova l’HD e lo leggete direttamente nell’etichetta appiccicata sopra (nel caso di un DELL la parte da smontare è quella con la scritta “strike zone”). Se avete due HD, come nel mio caso, e non sapete quale dei due vada o meno potete tranquillamente metterli da parte (potrete recuperare i dati in un secondo momento) e metterne uno solo al loro posto.

Marca consigliata per l’HD nuovo è la WD (Western Digital), fate attenzione che l’HD sia di 2,5’’ e non di 3,5’’ perché quest’ultimo è per computer fissi.

In ogni caso, per sicurezza, portatevi sempre dietro l’HD e chiedete al rivenditore se il ricambio che avete preso in mano è compatibile.

Nel caso di un computer DELL, ammesso che se ne intendano, vi diranno che dovrete smontare anche la piastra che ricopre il vecchio HD mettendola in quello nuovo e spostando anche, ovviamente, l’adattatore 
del collegamento tra HD e pc (si sfila facilmente).

Una volta montato il nuovo HD al posto di quello vecchio munitevi di CD del sistema operativo, CD dei driver e, sempre nel caso DELL, CD di Media Direct.


1. Accendere il Computer inserendo il CD di Media Direct. Questo si avvierà, vi chiederà se volete fare la partizione avvisandovi che tutti i dati precedentemente inseriti andranno persi, dategli l’ok per andare avanti. 

La partizione, per chi non lo sapesse, è la divisione dei dischi del computer, faccio un esempio pratico: se prendete un HD di 500gb lo potete dividere in 250gb su c:/, 100gb su d:/ e 150gb su e:/, non è 
difficile ve lo chiede direttamente il computer quanti giga volete mettere su ogni disco, il mio consiglio è di mettere la maggior parte dei giga sul disco base cioè su c:/. Se, invece, preferite avere tutta la memoria su un solo disco potete scegliere di mettere tutto su c:/.

Fatta la partizione lo stesso programma vi chiede di inserire il CD dell’OS e poi di dare l’invio. Se il programma di installazione dell’OS non dovesse partire, spegnete pure il computer e aspettate il momento in cui potete cliccare F12 (durante il caricamento dell’accensione). Vi si aprirà una pagina con scritto: HDD, CD/DVD, Bios Setup e altro. Evidenziate, utilizzando le freccette della tastiera, la scritta CD/DVD e fate invio, partirà così finalmente il cd. 

2. Aspettate un attimo, scegliete la lingua (l’italiano c’è tra le opzioni, non abbiate timore), mandate avanti, cliccate su “installa” e poi…

3. Quando vi chiede di scegliere dove inserire il sistema operativo, cliccate su Driver, cambiate CD, inserite quello dei Driver, fateglieli caricare, dopodichè rimettete nuovamente il CD dell’OS scegliete la partizione di c:/ e mandate avanti.

4. Ora inizierà ad installare tutto il sistema operativo, ci vuole una mezz’oretta circa, il computer si riavvierà da solo e tanti auguri, ce l’avete fatta 

5. Chi ha anche Media Direct si ricordi di infilare nuovamente il cd del programma alla fine di tutto per concludere la procedura.


Se dimenticate di inserire i Driver allo step 3 il computer all’avvio del sistema operativo non aprirà Windows impallandosi sul suo caricamento. 

Riavviando si aprirà la famosissima pagina di: “avvia windows normalmente, avvia w. con comandi, avvia con o senza rete…” se scegliendo “Avvia Windows con comandi prompt” nel caricamento si blocca alla scritta “crcdisk.sys”  quello è il vostro errore e vi sta segnalando proprio il fatto che avete dimenticato di inserire i driver, per cui dovrete ricominciare la procedura da capo rifacendo la partizione.

venerdì 18 settembre 2009

Devianze omicide




L'ultimo post che avevo scritto qualche giorno fa era dedicato allo studio della religione nelle scuole. Oggi mi ridedico all'argomento ma da un profilo diverso.

Come un po' tutti avranno appreso dai telegiornali in Friuli Venezia Giulia una ragazza diciottenne, d'origine musulmana, è stata uccisa dal proprio padre. Il procuratore di Pordedone addetto alle indagini ha ipotizzato, tenendo conto anche delle dichiarazioni degli amici della coppia, che alla base di tale delitto vi sia un movente religioso, oltre che di differenza d'età, causato dalla relazione che la giovane intratteneva con un trentunenne cattolico (rimasto ferito nel tentativo di salvarla dalla furia paterna).
Non è il primo caso, e sicuramente non sarà nemmeno l'ultimo, in cui la religione diventa un movente attendibile per un omicidio.
In particolare la religione musulmana, attualmente, è la prima a risentire di questa "esagerata fervenza" dei suoi accoliti: infarciti come tacchini di informazioni plasmate da alcuni gruppi religiosi in funzione del tipo di società che vogliono costituire, incapaci di comprendere che tali dati forniti loro sono completamente avulsi e assenti nel loro testo sacro, vale a dire il Corano.
Il problema che dovremmo comprendere è che i musulmani quanto i cattolici spesso non conoscono la propria religione in maniera chiara e vengono accecati da interpretazioni fuorvianti.
Tutto questo, comprendendo anche la tendenza tutta italiana di mancata accettazione di una cultura diversa dalla propria, va ad alimentare una tipologia di razzismo e d'isteria collettiva piuttosto preoccupante tesa ad "attaccare" indistintamente chiunque sia perché giudicato musulmano, e quindi fondamentalista, a priori.
Basti pensare alla differenza con cui i media e la gente, in genere, giudicano un delitto a seconda della religione e dello stato di appartenenza di un individuo: se questo è di cultura musulmana l'accaduto viene visto come indissolubilmente legato alla religione islamica, al contrario, se lo stesso fatto viene commesso da un italiano tendenzialmente risulta esaminato a prescindere dalla fede religiosa, imputandolo come una persona clinicamente deviata o malata, senza collegarne l'operato criminoso con i dettami del libro biblico del Levitico o simili.

venerdì 11 settembre 2009

Né esoterico né essoterico: l'ora di religione, apologia della mediocrità


Gironzolavo nel web e, guarda caso, sull'ansa ho trovato una delle ultime uscite della Gelmini sull'insegnamento della religione cattolica fatta ad un emittente radio stamattina.
Il ministro dell'istruzione, più amato di sempre dagli studenti (che probabilmente volentieri la manderebbero a lavorare a tempo pieno in un fast-food),  ha avuto modo di ribadire come per lei sia vitale l'insegnamento di una materia così importante come la nostra religione.
Riporto in sintesi alcune sue frasi (composizioni abbandonate alla legge dell'inerzia), giusto per rendere l'idea:

1. "Farla diventare un'ora in cui si insegnano altre religioni in maniera paritetica non è corretto".
2. "Questo - ha aggiunto il ministro - non avviene nei paesi musulmani, non capisco perché noi dovremmo rinunciare a quello che non è solo religione, ma è qualcosa che ha condizionato fortemente la nostra cultura", (e ne siamo anche sazi).
3. "perché nel nostro paese la religione cattolica non può essere paragonata alle altre religioni. Ha una valenza maggiore, è praticata dalla stragrande maggioranza della popolazione e ha un passato attualissimo. Non la si può mettere sullo stesso piano delle altre religioni, che vanno comunque rispettate",  (praticata, dipende da cosa intendiamo con questo termine: vuol dire curare le piantine dell'orto, fare il quadro svedese o ermeneutica biblica? ).

Attualmente l'ora di religione per quando ho potuto vedere, assistere e sapere da altre fonti (cioè studenti che tutt'ora vanno a scuola e seguono la suddetta lezione) si limita ad un tempo completamente abbandonato al caso sulla disquisizione di cosa significa essere adolescenti secondo gli stereotipi tipici (per es. "se sei adolescente allora è giusto che tu stia in gruppo, che litighi con mamma e papà, che stai sul muretto a grattarti tutto il giorno, che i tuoi problemi sembrano insormontabili ma in realtà non lo sono,  e che vai in discoteca, manuale delle giovani marmotte docet), o tematiche simili che nella migliore delle ipotesi sfiorano argomenti religiosi o sfociano in educazione civica e sentimentale, spesso monologhi dei professori che raccontano la loro giornata. Non si parla più di religione che sia cattolica o meno ma di semplici banalità legate alla vita quotidiana (umano, troppo umano).
Ora mi chiedo, perché la Gelmini ha usato, sapientemente, la religione musulmana, e solo questa, come termine di paragone con quella cristiana? Forse che nella sua estesissima conoscenza della filosofia esistono solo queste due e le altre decadono nei filamenti delle ragnatele in soffitta? Quante considera religioni - e la new age ed i nuovi culti (compresi quelli fai da te, ibridazioni, melting pot)? Perché tanto accanimento?
La religione cattolica, è vero, "ha fortemente condizionato la nostra cultura" ma in passato, non attualmente (basta guardarsi attorno per notarlo: da quando in qua vengono applicati gli insegnamenti religiosi nella vita di tutti i giorni?) ed in che modo? Qui nascerebbe un articolo nell'articolo quindi eviterò di parlarne in questa sede e lo farò, magari, in un altro post, Intanto lascio a chi mi legge la ricerca di una risposta.
Perché bisognerebbe discriminare studenti, che per scelte personali o della famiglia, decidono di avvalersi del diritto di non frequentare l'ora di religione, sottraendo loro la possibilità di acquisire crediti formativi eventuali o di beneficiare, in scrutinio finale, della valutazione e della media voti elaborata dall'insegnante di religione?
Forse una soluzione verrebbe proprio in quello che la Gelmini esclude e cioè nell'insegnamento paritetico delle varie correnti religiose (effettuato da professori competenti in materia e con un iter formativo adeguato) presentate più come una filosofia che come una credenza fine a se stessa ed incomprensibile se non in presenza di fede. Quanto sarebbe interessante, per esempio, parlare non solo della nostra religione ma anche di quelle orientali, trovandone le differenze e le analogie, portando a comprendere come tutte le religioni siano in qualche modo legate.
Inoltre, perché nei licei classici, per esempio, in cui sono presenti materie che si prestano ad affrontare in lingua e nel dettaglio l'ambito culturale precristiano, cattolico e cristiano in generale, sempre più spesso questo periodo viene, nel migliore dei casi, sottovalutato o sfiorato e, generalmente, trascurato? E' assurdo ed insensato che proprio in un indirizzo di studi che fornisce gli strumenti e le premesse per affrontare culturalmente e specificatamente l'origine greco-romana della religione cristiana ed i suoi sviluppi, non venga alimentato e coltivato un percorso formativo che inviti lo studente ad approfondire tali tematiche.
Bisognerebbe, quindi, finirla d'impostare ed imporre il corso di religione come un insieme di dogmi e di verità di fede, prediligendo, al contrario, un insegnamento che verta sulla storia comparativa dei movimenti religiosi intesi come sistemi culturali ed etici, intrisi di ideali e prospettive di educazione alla civiltà.

mercoledì 9 settembre 2009

The Reader




E' uscito in dvd un film che ho avuto modo di vedere al cinema il febbraio scorso, "The Reader - A voce alta" di Stephen Daldry.

La pellicola è passata quasi in sordina e non ha avuto grandi riconoscimenti dalla critica in Italia, cosa che non condivido: dal mio punto di vista è un film che un appassionato di cinema non dovrebbe perdere.

Il trailer, volutamente, non mostra il reale sviluppo della trama ma dei semplici flash delle prime sequenze che, in special modo, riprendono il titolo "The Reader".

In realtà, il film tocca un argomento molto delicato, non sull'amore come molti hanno detto e pensato, ma sulla semplicità di una donna non istruita, sulla sua incapacità di non comprendere il corpo delle SS a cui aveva scelto di appartenere ed il modo in cui, finita la guerra, i "capi" tedeschi hanno tentato di scaricare le proprie colpe sui bassi ranghi dell'esercito.

Tutta la trama ruota attorno alla figura di questa donna, impersonata da Kate Winslet, che chiede al suo amante Michael (David Kross nella prima parte del film, Ralph Fiennes nella seconda parte) di leggerle alcuni libri ad alta voce. In seguito ad una meritata promozione avuta sul lavoro che la porterebbe dietro ad una scrivania, e da lei rifiutata, decide di entrare nel nascente corpo delle SS naziste.

L'attenzione, poi, si sposta sulla vita del ragazzo che lei abbandona per unirsi all'esercito e che si dedicherà agli studi giuridici. Durante un processo, dedicato ai crimini nazisti perpetrati ai danni degli ebrei, il professore del corso a cui Micheal ha aderito porta i suoi pochi alunni in aula a seguirlo. Qui, il ragazzo riconoscerà la donna, con cui aveva avuto la sua prima relazione, tra gli imputati.

La sensibilità del regista porta il film in una dimensione che va al di là della colpa, ovvia, che i nazisti hanno avuto per approdare ad una sorta di tentativo di comprensione dell'animo di una donna analfabeta che, vergognandosi di una mancata istruzione, si addossa tutte le oscenità commesse, anche da altri, senza nemmeno rendersene conto. Lei aveva solo messo in atto degli ordini che le erano stati imposti. Alla domanda: "perché mai portava delle persone a morire?" lei risponderà: "perché non c'era posto nei campi, e noi dovevamo creare dei posti per chi doveva arrivare, cosa avremmo dovuto fare altrimenti?", e alla domanda: "secondo quale criterio sceglieva chi mandare alla morte?" lei replicava: "le donne più anziane perché non erano in grado di lavorare e a noi serviva gente sana".

Il film gioca in questa fase sulla non conoscenza da parte dei giudici e del pubblico del processo della mancata istruzione della donna e della credenza che essa sia solamente un mostro da eliminare.
Nasce qui, per Michael una questione etica da superare: "Dire o meno ciò che lui ha compreso e, cioè che la donna non sa leggere?" perché proprio questo piccolo dettaglio, in parte, potrebbe scagionarla.

Il sottile filo su cui poggia il film viene giocato sapientemente dal regista di modo da spostare la nostra attenzione sull'umanità dei suoi personaggi e sulle loro fragilità astenendosi dal dare un giudizio negativo , o meno, sulla situazione storica.

Senza poter sapere cosa i personaggi pensano realmente abbiamo, comunque, la sensazione di comprenderlo e, nel dipanarsi del film, quasi senza accorgerci, ci rendiamo conto di come sia stato facile per noi relazionarci con un personaggio così semplice e, comunque, così complesso quale la protagonista.

Sebbene consci del suo errore riusciamo a comprendere quanto lei sia umana e non uno dei mostri che la nostra immaginazione collettiva potrebbe costruire come immagine preconfezionata della "SS tipo".

In realtà non penso che, in questo film, siano l'amore oppure la giustizia a trionfare ma, piuttosto, la pietà verso una figura così drammatica ed il piacere di raccontare una storia tramandandola per proteggerla dall'oblio del tempo e da una memoria plasmata dalla società.




domenica 6 settembre 2009

Scampoli di attesa: Aion





In questa settimana la casa produttrice di Aion, la Ncsoft, consente una prova beta (uno sviluppo provvisorio destinato ad essere implementato e migliorato in futuro) del gioco in attesa del lancio ufficiale a fine settembre.

 Aion è un videogioco fantasy mmorpg   (massively multiplayer on-line role-playing game), cioè un gioco di ruolo utilizzabile solamente on-line in cui persone di varie parti, nel nostro caso, d’Europa possono incontrarsi. 

Basato principalmente sul pvp (player vs player, ossia “dare una saccagnata di botte a tutti i giocatori delle fazioni nemiche attaccandoli appena hai modo di avvistarli all‘orizzonte”), ha attratto la mia attenzione grazie alla grafica di ultima generazione utilizzando il motore Crytec engine (per chi conosce i videogiochi, lo stesso di Crysis).

È molto tempo che ripeto ai poveracci che mi stanno attorno e che devono sopportarmi quanto, attualmente, i videogiochi stiano diventando una sorta di nuovo modo di fare cinema.  Non è una novità, dopotutto, a suo modo anche l’ormai defunto, e riciclato all’inverosimile a livello universitario, McLuhan diceva qualcosa di analogo, cioè che i vecchi media vengono “ri-mediati” da quelli nuovi, in parole spicciole essi vengono presi,  plasmati ed inglobati in un modo del tutto inedito dal nuovo media.

In questo caso, i videogiochi divengono una sottospecie di cinema con in più qualcosa che questo non potrà mai avere, cioè l’interazione.

Per rendersene conto basterebbe vedere di sfuggita un qualsiasi video dedicato al lancio di qualsivoglia gioco: il disign  viene curato quasi e, a volte, maggiormente che il comparto fotografico di un film.

Tornando ad Aion, curiosando in giro nel web ho avuto modo di notare come il videogioco abbia avuto parecchie pre-recensioni favorevoli.

Da non dimenticare di segnalare per un’amante della fotografia e del disegno come la sottoscritta è la possibilità infinita di personalizzare il proprio personaggio e tutto il suo equipaggiamento. 

Unica critica che pare essere stata mossa nei confronti di Aion sembra essere la scelta dei programmatori (tutti ragazzi giovani) di rendere lo stile della grafica “orientale”, diciamo alla Final Fantasy. Non mi trovo particolarmente d’accordo con questo tipo di critica per il semplice motivo che ogni gioco di ruolo che ho potuto conoscere ha deciso per un proprio tipo di stile diverso, ovviamente, dagli altri. Alcuni esempi sono: World of Warcraft con uno stile fiabesco e, purtroppo, un motore grafico oramai superato, Warhammer con la sua tendenza al reale, anche se qualcosa sarebbe da migliorare (essendo, però, un gioco relativamente giovane ne ha tutto il tempo), ed Il Signore degli Anelli dalla curatissima grafica in bilico tra fantasia e realtà (puoi vedere persino i fili d‘erba dolcemente mossi dal vento).

Non mi dilungherò ulteriormente nell’elencare i pregi e difetti che sono stati notati dai recensori, aspetterò di aver modo di provarli sulla mia pelle per poi magari annoiarvi con i dettagli in un secondo momento.

Una cosa è certa, più ci penso più la mia mente è lacunosa nel cercare una casa madre di videogiochi italiana che sia all’altezza delle sopraccitate … ma esistono?



Mi presento a modo mio


L'idea di aprire il blog su splinder nasce dalla necessità di creare un sito, oppure un qualsiasi programma di interazione quale per esempio un dvd con un interfaccia grafica iniziale, per poter accedere all'iscrizione di un esame. 

Ho deciso di provare a creare un myspace ma sono rimasta delusa da delle impostazioni preimpostate ed impossibili da gestire personalmente: per esempio si possono visualizzare al massimo cinque post del blog nella 
home-page.

Considerando, quindi, la mia intenzione di voler realizzare in primis uno spazio blog e non un sito fine a se stesso, ho concepito questo portale come veicolo di espressione e comunicazione orientato ad un aspetto interattivo e relazionale con i miei eventuali lettori, curiosi di esplorare il caotico fluire delle mie impressioni e riflessioni.